Le norme di tutela della concorrenza e del mercato non si applicano, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 287 del 1990, ai Consigli notarili distrettuali che assumono l’iniziativa disciplinare, atteso che, limitatamente all’esercizio della vigilanza, essi non regolano i servizi offerti dai notai sul mercato, ma esercitano prerogative tipiche dei pubblici poteri. Pertanto con la recente introduzione del comma 1 bis all’artt. 93-ter della Legge Notarile (comma 495 lett. c) 27 dicembre 2017 n° 205), il legislatore ha inteso emanare una norma di “interpretazione autentica” di una previsione già vigente.
E’ questo il principio affermato dall’ordinanza della Corte d’Appello di Milano (14 marzo 2018 - R.G. 1168/2017) al quale giunge attraverso una serie di passaggi interpretativi sulla funzione svolta dal notaio e dai consigli Notarili quando esercitano la funzione disciplinare [1]
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Il nuovo art. 93-ter della Legge notarile prevede che “agli atti funzionali al promovimento del procedimento disciplinare” a carico del notaio, avviato per la violazione di leggi, regolamenti, principi e norme deontologiche elaborati dal Consiglio Nazionale del Notariato ovvero per la violazione di altri doveri da parte del notaio, “si applica l’art. 8, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287”.
Tale norma a sua volta, contenuta nella Legge sulla tutela della concorrenza e del mercato, prevede che “le disposizioni di cui ai precedenti articoli” – e cioè tutte quelle che vietano le intese, l'abuso di posizione dominante e le operazioni di concentrazione tra imprese – “non si applicano alle imprese che, per disposizioni di legge, esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato, per tutto quanto strettamente connesso all'adempimento degli specifici compiti loro affidati”.
Si comprende quindi come per effetto del richiamo di questa disciplina, il nuovo art. 93 ter L.N. impedisce ora che il procedimento disciplinare notarile avviato dinanzi alla Commissione Regionale di Disciplina (COREDI), possa essere paralizzato da possibili impugnazioni proposte dal notaio sottoposto al procedimento disciplinare, volte a far valere eventuali intese restrittive della concorrenza tra notai, derivante dai provvedimenti adottati dal Consiglio Notarile.
Sulla natura di provvedimenti disciplinari adottati dai Consigli Notarili, la Corte d’Appello di Milano sancisce che tali atti, lungi dal sostanziarsi in decisioni restrittive della concorrenza, adempiono ad una “funzione sociale fondata sul principio di solidarietà”. Più precisamente i Consigli Notarili quando esercitano la funzione disciplinare, non sono associazioni di imprese e non regolano l’attività economica svolta dai notai nell’offrire servizi sul mercato, ma esercitano le prerogative tipiche dei pubblici poteri che, nel caso di specie corrispondono alla vigilanza sul corretto svolgimento della professione da parte dei notai iscritti.
A tanto la corte meneghina giunge sulla base della considerazione che quell’attività di vigilanza viene esercitata rispetto ad una particolare categoria di professionisti - i notai - i quali non esercitano semplicemente una libera e privata professione finalizzata al perseguimento di interessi di natura personale, ma detta professione costituisce anche esercizio di una funzione pubblica, connotata dai caratteri della terzietà e dalla imparzialità rispetto agli interessi che si rivolgono al notaio. Questi caratteri peraltro – aggiungono i giudici milanesi - non comprimono al notaio la libertà di iniziativa economica ex art. 41 Cost. ancorché esercitata mediante l’esercizio della professione notarile, purché però avvenga nel rispetto delle limitazioni imposte dal proprio statuto normativo.
Sulla scorta di tali premesse la Corte d’Appello giunge quindi ad affermare l’estraneità dei Consigli Notarili che assumono l’iniziativa disciplinare (non regolando tali organi i servizi offerti dai notai sul mercato ma esercitando pubblici poteri), dal perimetro della disciplina antitrust e del potere di intervento sanzionatorio dell’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato, e chiarendo anche che il legislatore ha definitivamente sancito che l’art. 93 ter L.N. è norma di interpretazione autentica di una previsione già vigente.
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[1] Quanto deciso dalla Corte d’Appello di Milano ed i passaggi interpretativa a sostegno, erano stati già sanciti dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 5 maggio 2016 n. 9041, in Rivista di Diritto Industriale, 2017, 1, II, 240). Questa aveva affermato che “le norme in tema di tutela della concorrenza e del mercato non si applicano, ai sensi dell'art. 8, comma 2, della l. n. 287 del 1990, ai Consigli notarili distrettuali che assumano l'iniziativa del procedimento disciplinare, atteso che, limitatamente all'esercizio della vigilanza, essi non regolano i servizi offerti dai notai sul mercato, ma adempiono una funzione sociale fondata su un principio di solidarietà, affidatagli dalla legge, ed esercitano prerogative tipiche dei pubblici poteri” Parimenti era stato ribadito che pur non potendosi escludere in concreto che l’attività professionale, anche quella esercitata dai notai in quanto pubblici ufficiali, possa atteggiarsi quale attività economica, il S.C. aveva sancito che il Consiglio notarile distrettuale non è una “associazione di imprese” e la delibera da esso adottata per il promovimento dell'azione disciplinare nei confronti di un notaio non è qualificabile come “intesa restrittiva della libertà di concorrenza” ai sensi dell'art. 2 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 e dell'art. 101 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea. Le norme in tema di tutela della concorrenza e del mercato non si applicano, infatti, ai sensi dell'art. 8, comma 2, della l. n. 287 del 1990, ai Consigli notarili distrettuali che assumano l'iniziativa del procedimento disciplinare, atteso che, limitatamente all'esercizio della vigilanza, essi non regolano i servizi offerti dai notai sul mercato, ma esercitano prerogative tipiche dei pubblici poteri (in tal senso Cass. n. 9041/2016 citata). Negli stessi termini della Corte d’Appello di Milano era stato infine chiarito che poiché il controllo esplicato da questi organismi sull’attività svolta dai notai, è primariamente indirizzato nell’interesse della collettività, ad impedire situazioni di abusi che possono sostanziarsi nella violazione delle norme relative alla personalità della prestazione notarile (e quindi prevenire situazioni in cui il pubblico ufficiale, lungi dal garantire all’utenza che a lui si rivolge qualità ed efficienza del servizio reso, pone in essere comportamenti professionali scadenti, frettolosi o, peggio, caratterizzati da omissioni o delega a terzi dell’attività professionale), tale attività non potrebbe essere limitata dall’applicazione delle norme in tema di tutela della concorrenza.